Il passaggio dalle leghe di saldatura con piombo alle leghe Lead Free ha influito non solo sui processi di saldatura e dissaldatura, ma anche sulla vita media delle punte che si è sensibilmente accorciata.

Davide Ortolina – PCB Magazine 05 Marzo 2012

L’introduzione delle leghe senza piombo ha influito pesantemente non solo sulle procedure di saldatura manuale, ma anche sulla durata delle punte che si è sensibilmente accorciata. La maggiore percentuale di stagno contenuta nelle leghe LF e un più alto punto di rifusione le rendono estremamente aggressive nella loro duplice azione di corrosione (azione chimica) e abrasione (azione meccanica) e causa di un evidente accorciamento della vita media delle punte. Gli inconvenienti più comuni sono la perforazione del rivestimento esterno e conseguentemente del cuore in rame e la mancata bagnabilità dell’area di lavoro della punta.
Nelle leghe lead free il contenuto in stagno supera di oltre il 30% quello contenuto nelle leghe a base di piombo, questo ha portato a considerevoli aumenti nell’usura delle punte dei saldatori. L’effetto della fortissima azione di erosione esercitata dallo stagno sulla superficie delle punte incide sul rivestimento ferro, azione fortemente influenzata dalle più alte temperature di lavoro spesso utilizzate. L’attuale tecnologia metallurgica utilizzata nella costruzione delle punte, consente solo di aumentare gli spessori dei trattamenti galvanici per tutelare il cuore della punta in rame ed evitarne una fine prematura; va comunque considerato che c’è un limite oltre il quale un eccesso di deposito galvanico di ferro pregiudicherebbe la conduzione termica.
Per le leghe LF maggiormente in uso si può affermare che il loro punto di rifusione sia maggiore di circa 30/°C rispetto alle leghe Sn/Pb, ma contrariamente all’idea corrente nelle operazioni di saldatura manuale non è necessario impostare le temperature dei saldatori a livelli superiori rispetto a quelle già utilizzate precedentemente.
La temperatura ideale di lavoro va mantenuta attorno ai 380 °C, adattandola di volta in volta alle diverse masse termiche in gioco, ma tenendo comunque sempre presente che è bene che la temperatura utilizzata sia la più bassa possibile.
Tra le principali variabili di un processo di saldatura manuale rientra la corretta scelta della punta. Compatibilmente con la dimensione dei giunti di saldatura su cui lavorare, la punta deve essere la più grande possibile. C’è un’analogia che illustra bene il concetto: come in un rubinetto maggiore è la bocca e maggiore il flusso d’acqua che ne esce, così per un saldatore più grande è la punta e maggiore è il flusso di calore che è in grado di convogliare sul giunto.
La trasmissione del calore sarà tanto più efficace quanto più sarà appropriata la pulizia e la manutenzione che garantisca una buona bagnabilità alla punta.

La punta
Le punte del saldatore a prima vista si presentano come oggetti semplici, con un corpo unico, in realtà sono composte da varie parti. Il cuore è costruito in rame, ha il compito di fare da ponte tra la sorgente di temperatura del saldatore e il giunto di saldatura; gli è richiesta una elevata conducibilità termica e per questa ragione è questo scelto il rame che oltre a essere un buon conduttore di corrente è anche un buon conduttore di calore. Il rame è rivestito galvanicamente con una protezione in ferro, questa camicia ha il compito di fornire una elevata resistenza all’usura e consentire parallelamente di avere una ottima bagnabilità. La conducibilità termica del ferro è inferiore a quella del rame (di circa cinque volte) per cui il suo spessore è studiato per mediare le due caratteristiche richieste: dare un buon grado di protezione senza ridurre la conducibilità termica della punta. Segue un rivestimento in cromo galvanico, che ha il compito di delimitare l’area bagnabile, ovvero l’area di lavoro della punta che di conseguenza richiede di essere pulita e sempre stagnata, per preservare la bagnabilità della punta e l’efficienza nel trasferire il calore. La bagnabilità della punta è garantita dalla formazione di una fase intermetallica di pochi micron tra il ferro di rivestimento e lo stagno della lega saldante. Per la difficoltà insita nel processo che porta al rivestimento, la geometria della punta influenza lo spessore del rivestimento perché più è fine la punta e più problematico diventa il deposito galvanico di ferro sul rame. Come detto il maggiore spessore del rivestimento in ferro riduce (rallentandola) la conducibilità termica. Le punte molto fini hanno la superficie di lavoro composta dal solo strato ferro-galvanico; in punta quindi non è presente il rame e questo fatto ostacola un ottimale trasferimento del calore. Lo spessore del rivestimento è di circa 150 μm per le punte più fini, nella ricerca di un equilibrio ottimale tra durata e prestazioni.

Usura e ossidazione
A seguito dell’utilizzo la punta si consuma. La punta è la parte del saldatore naturalmente soggetta a usura, pertanto il suo consumo non è necessariamente un difetto.
L’usura della punta significa che lo strato di ferro che protegge il cuore in rame si assottiglierà fino a scomparire. Il rame quindi, non più adeguatamente protetto, diventa in breve tempo solubile nella lega saldante, presentando i tipici crateri che ne decretano il fine vita. Pertanto la durata di una punta saldante è strettamente correlata allo spessore della camicia di protezione in ferro, il cui spessore varia dai 150 µm ai 500 µm, e della temperatura d’esercizio che salendo accelera i processi di usura risultanti dalla combinazione di tre differenti fenomeni: reazione chimica (corrosione), azione metallurgica (migrazione) e stress meccanico (abrasione).
Pertanto quanto prima il rivestimento ferroso si consuma, tanto più la vita della punta si accorcia e si evidenziano le forature della superficie bagnabile. Altro problema è quello usualmente definito ossidazione della punta, che si manifesta con la mancata bagnabilità della punta e con la creazione di una superficie passiva su cui si forma una pallina di lega fusa nel momento in cui ci si avvicina col filo alla punta.  In realtà ci sono due aspetti che portano a questo problema, uno è sicuramente causato dall’ossigeno contenuto nell’atmosfera che porta all’ossidazione della punta, l’altro è dato da uno strato di residui di flussante “bruciati” che si cristallizzano attorno alla punta, creando un rivestimento refrattario a ogni apporto di lega. Una superficie fortemente ossidata è difficilmente rigenerabile dai flussanti di comune utilizzo, rimane non bagnabile fino alla loro rimozione meccanica. Il trasferimento termico di una punta ossidata è notevolmente compromesso. Il rischio di ossidazione cresce con il crescere della temperatura, a 450 °C avviene in meno di un minuto. Si previene l’ossidazione mantenendo costantemente la superficie bagnabile della punta rivestita di lega.
La cristallizzazione e la cottura dei residui di flussante sulla punta si evita ancora una volta non eccedendo nelle temperature di lavoro ed evitando di sciogliere copiose quantità di filo direttamente sulla punta durante la saldatura. Anche la rimozione di questi depositi deve avvenire meccanicamente, avendo cura di non interferire con il rivestimento in ferro e di immergere subito dopo la punta nell’apposito gel di flussante (tip activator) e di rivestirla nuovamente con un apporto di lega fresca.

Per una corretta gestione
Nella corretta gestione delle punte dei saldatori la prima variabile su cui l’operatore può operare è il mantenimento delle temperature di lavoro attorno ai 388-390 °C, considerando che anche la lega Lead Free non richiede temperature di lavoro maggiori. All’aumento della temperatura, aumenta esponenzialmente il grado di usura della punta (corrosione), non cristallizzano i residui di flussante sulla punta e se ne contiene il grado di ossidazione. Operativamente l’uso di temperature più basse aiuta a mantenere più pulito il pcb perché evita che il flussante vada in evaporazione esplosiva spruzzando nei dintorni dell’area di saldatura; qualche secondo in più nella durata della saldatura aiuta anche a far meglio evaporare il flussante evitando che rimanga un anello di residui attorno al giunto di saldatura.
Maggiore è la dimensione della punta e maggiore è il trasferimento termico. Utilizzare di conseguenza la punta di dimensioni più grosse compatibilmente con la dimensione dei componenti da saldare e con lo spazio di accesso all’area di saldatura. Nel caso utilizzare piccole quantità di lega facendola rifondere tra la punta del saldatore e il terminale del componente da saldare, creando così un ponte che aiuta ad ampliare la superficie di conduzione del calore.
La corretta manutenzione delle punte aiuta a mantenerle in efficienza e a prolungarne la vita utili, per cui meglio pulire a secco la punta e nel caso si voglia utilizzare le spugnette aver cura di bagnarle con acqua demineralizzata per evitare la deposizione di calcare. Quando si intinge la punta nella spugnetta, non indugiare troppo a lungo perché questa operazione sottrae calore alla punta. Pulire le punte con l’apposita gomma capace di asportare ossidazioni e incrostazioni senza intaccare la protezione in ferro; immergerle quindi nel tip activator (contiene uno speciale gel organico ed è utilizzato per riattivare le punte) e poi bagnarle con lega fresca. Mai pulire la punta (rimuovendo lo strato di lega liquida) prima di riporre il saldatore nell’apposito supporto. Negli intervalli di lavoro prolungati è meglio spegnere i saldatori o comunque abbassarne drasticamente la temperatura, così come sono preferibili i supporti che sentono la presenza dell’utensile e automaticamente lo mettono in standby. Importante diventa anche la scelta corretta della stazione di saldatura, non tanto e non solo per il sistema di controllo, ma anche per la disponibilità di potenza che permetta di ridurla quando non necessaria e di averne l’adeguata quantità nel momento del bisogno.
A questa esigenza si affianca la richiesta di una spiccata ergonomia tanto della stazione quanto del saldatore, perché sia più confortevole e preciso il lavoro. Ultima, ma non per importanza, è la scelta del filo. Esistono tante marche sul mercato, alcune delle quali anche piuttosto anonime. Purezza della lega a parte, l’importanza risiede principalmente nell’anima di flussante e soprattutto nella conducibilità dei suoi residui, che se a prima vista risultano in una saldatura pulita, non è detto che siano anche inerti. Le caratteristiche del flussante si ripercuotono anche sulla durata delle punte, così come la composizione metallurgica della lega.
In molti casi, il flussante contenuto nel filo di saldatura ha un elevato contenuto di parte solida. Una porzione del flussante rimane sulla punta e si fissa in superficie ad essa. La superficie di lavoro a questo punto diventa rapidamente non bagnabile I residui di flussante sono aggressivi e creano corrosione anche mentre il saldatore è nell’apposito supporto.

Cosa corrode di più?
Sono state condotti studi tendenti ad appurare se, in relazione all’usura delle punte e in ambito di leghe Lead Free, sia più corrosiva una lega SAC piuttosto che una Sn100.
Considerando il maggior contenuto percentuale di stagno di una Sn100 rispetto a una SAC, la prima dovrebbe essere più aggressiva. Sapendo che il processo di corrosione aumenta con l’aumentare della temperatura e che la lega Sn100 ha migliori caratteristiche di bagnabilità e di conseguenza richiede tempi minori o minor temperatura che non per realizzare lo stesso giunto con lega SAC, diventa realmente difficile fare un paragone che non abbia puramente valenza accademica. In ogni caso l’aumento delle temperature di lavoro è l’errore più comune compiuto dagli operatori che cercano così di compensare gli svantaggi delle leghe LF. Temperature eccessive sul giunto di saldatura in fase di raffreddamento potrebbero causare problemi di qualità dovuti a microfratture, così come la formazione di void dovuti all’intrappolamento del flussante nel giunto. Per ridurre le temperature di lavoro dei saldatori senza pregiudicare i risultati delle saldature si potrebbero utilizzare le piastre di riscaldamento che alzando la temperatura del pcb ridurrebbero la richiesta termica dal saldatore.